Quando l’Aspirina trasforma un ciclista in scrittore

Francesco Moser in versione scrittore

di Carlo Martinelli

Diciamocelo. Sul fatto che sia stato un campione leggendario, non ci piove. Ed anche la sua traiettoria in politica é cosa nota. Per non dire dei successi imprenditoriali,  una volta lasciata l’attività agonistica: dalle biciclette al vino. Ma quanti sanno che Francesco Moser – ché è di lui, del campione trentino di Palù di Giovo che si parla – è stato, per una volta, anche scrittore? Incredibile, ma vero. C’è un volume a dimostrarlo, è stato pubblicato nel 1990 dalle edizioni L’Ariete. Si intitola I racconti dell’Aspirina,  e nacque per celebrare i primi 90 anni di successo di uno dei farmaci più conosciuti. A volerlo, ci vuole poco a capirlo, la casa produttrice tedesca che di Aspirine ne ha piazzate, nel frattempo, a miliardi. E che al tempo chiese a sedici esponenti del mondo della cultura, dello spettacolo e dello sport di parlare appunto dell’Aspirina. Si trovò in buona compagnia, nell’occasione, il Checco mondiale. Perché a formare il sommario di quell’anomala antologia furono nientemeno che Giulio Andreotti, Alessandro Bergonzoni, Livio Berruti, Gianni Brera, Carlo Castellaneta, Silvio Ceccato, Camilla Cederna, Gianfranco Ferré, Mariapia Garavaglia, Jas Gawronski, Roberto Gervaso, Luca Goldoni, Luca di Montezemolo, Giuseppe Pittanò, Vittorio Sgarbi, Enzo Spaltro.  Beh, come compagnia letteraria – per quanto una tantum per non dire una per semper – niente male, ne converrete. Certo, il libro è, per dirla in gergo, una marchetta. Ma ha una sua sostenibilità.

Aggiungiamo che il racconto di Francesco Moser si fa leggere, sicché non appare blasfemo pensare alla revisione di un amico giornalista (potrebbe essere un gioco divertente scoprire chi fu) una volta che il campione fornì le coordinate della sua narrazione. Tra l’altro il racconto, Un cocktail di sospetti,  titolo quanto mai adatto all’ambiente che ha fatto di Moser un idolo, gratificava al meglio il ricco potente committente, vale a dire la Bayer. Leggiamo il finale: “Ricordo che di Coppi si favoleggiava – scrisse Moser versione autore – perché fu il primo ad avere il medico onnipresente. Coppi è stato il primo che ha trasformato l’Italia del pedale, forse è stato l’archetipo per eccellenza dello sport che ha scelto. So per certo che Bartali diventava matto, convinto com’era che il suo più acerrimo rivale avesse, dalla farmacologia, aiuti decisivi, determinanti, tutti illeciti. Coppi, invariabilmente, rispondeva che un’Aspirina non può far male. Riflettendo, non mi riesce di capire come mai, con questi presupposti, la Bayer non si sia mai messa a costruire biciclette”. Diciamocelo: Moser scrittore è sorprendente. E ad ogni buon conto non è di certo l’Aspirina che ha segnato la storia dei sospetti farmacologici in bicicletta. Aveva ragione Coppi, opportunamente citato dal ciclista trentino. Un’Aspirina non può far male.
Anzi: a Francesco Moser ha fatto bene, trasformandolo – il tempo di un racconto di tre pagine – in uno scrittore.

PS: il 6 ottobre 2013 il sito Abebooks – libri usati, libri antichi, libri fuori catalogo – ha due Racconti dell’Aspirina a disposizione. Rispettivamente a Rivoli e Brescia. Rispettivamente 25 e 14 euro. Per la precisione.