Tarcisio Vergani, masseur

 

di Alessandro Milani

Esiste sicuramente una fotografia che più di tante altre ha rappresentato la storia del ciclismo e ha finito per documentarne l’essenza: due campioni rivali si scambiano una borraccia preziosa lungo una delle faticose salite del Tour de France.
Sì, proprio la celeberrima immagine di Coppi, in maglia gialla, e Bartali scattata durante la ‘Grand Boucle’ del 1952.
Quella foto, che testimonia lo spirito vero, autentico dello sport del pedale, con due acerrimi avversari che si aiutano nel momento del bisogno, ha fatto il giro del mondo, percorrendo forse addirittura più chilometri di quanti non ne abbiano fatti sulle bici i campioni ritratti.

Ogni amante del ciclismo credo ne abbia una riproduzione in casa. Non a tutti capita però di averne una, in formato poster e a colori, con la firma in calce di uno dei due campioni. A casa di Tarcisio Vergani, su una parete del suo salottino invece questa firma c’è, e non solo la firma! Il manifesto infatti recita testuale: ‘All’amico Tarcisio Vergani. Gino Bartali. Tour 1952’.

Cosa ha fatto il signor Tarcisio per meritarsi la dedica del Ginettaccio nazionale?
Semplicemente il suo lavoro, il massaggiatore, anzi, suona bene alla francese, il masseur. E non un masseur qualunque! Sotto le sue mani, quelle stesse mani che rapidamente si muovono, a 91 anni compiuti, per sfogliare le pagine di un album di fotografie gonfio di ricordi e di campioni di vari sport, sotto le sue mani sono passati ciclisti del calibro di Fausto Coppi, Jacques Anquetil, Louison Bobet, Jimenez e poi ancora Motta, Simpson, Magni, Terruzzi e tantissimi altri, italiani e stranieri, campioni su strada o su pista.

Entrare nella casa del signor Tarcisio significa entrare in una sorta di museo del ciclismo, e non solo per la fotografia di cui si diceva sopra, a proposito della quale lo stesso Vergani ci svela un fraintendimento divenuto storico. Lui, che proprio di Coppi è stato massaggiatore e a volte anche confidente (come spesso avveniva tra atleta e massaggiatore ai tempi in cui la figura professionale del masseur comprendeva anche quelle di medico, meccanico e uomo di fiducia), mi fa avvicinare al poster e mi chiede di osservare bene le biciclette di Bartali e di Coppi, in modo particolare le borracce.
“Guarda” – esclama – “Bartali ha ancora due borracce piene, una appena sotto il manubrio e una vicino al cambio, mentre Fausto ha soltanto in una mano il tappo di una delle sue. Perché Coppi avrebbe dovuto passare dell’acqua a Bartali, che già ne aveva di suo? La borraccia ghe l’ha pasada Bartali a Coppi, minga me disen!”.

Coppi e Bartali

Eh sì, il signor Tarcisio ha ragione, anche se ormai è stata consegnata alla storia come un bel gesto di Fausto Coppi.In realtà il gesto, compiuto da Bartali, diventa ancora più significativo: basti pensare che in quel momento Coppi è primo in classifica generale, come testimonia la maglia gialla di leader, e il suo rivale potrebbe approfittare di una sua eventuale crisi (magari dovuta proprio ala sete) in salita per attaccarlo, ma non lo fa e gli porge la borraccia.

Ma questo è il ciclismo, per Tarcisio Vergani la passione di una vita.
Un passione nata attorno ai 18 anni, dopo essersi distinto negli 80 metri piani e anche nella ginnastica con la Pro Italia di Milano.
Un passione che lo ha visto correre nei dilettanti di piccole società ciclistiche di Milano e Sesto San Giovanni.
Ma proprio a Sesto nasce invece la sua ‘carriera’ di massaggiatore, nelle squadre di calcio della Breda prima, della Pro Sesto, in serie B, poi. Retrocessa in C la Pro Sesto dalla sua casetta di Rapallo il signor Tarcisio entra in contatto con la Sampdoria di Brighenti, ma dopo poco se ne va.

Il problema è che, in quegli anni (e quanti ne sono passati se si guarda il mondo del pallone oggi!), nel calcio di soldi non ne girano.
Siamo nel 1948 e i veri eroi nazionali sono i ciclisti, anche perché l’anno successivo il destino si porterà via la squadra del Grande Torino lasciando il calcio italiano orfano di un simbolo di fama mondiale.
Attorno alle due ruote cominciano a muoversi invece la radio, i giornali, le passioni della gente e anche il business.
Le squadre professioniste hanno già lo sponsor e questo permette loro di contendersi i corridori più forti e anche i tecnici più preparati.

Tarcisio Vergani

Tra loro anche Tarcisio Vergani: “Mi cercavano tutti. Tutte le squadre cercavano di avermi, e anche se non ero il massaggiatore della squadra, i ciclisti più importanti venivano da me, magari la sera, in albergo, dato che spesso uno stesso albergo ospitava più di una equipe. E io li massaggiavo tutti. I francesi mi dicevano ‘Verganì, con i tuoi massaggi si vola’ e infatti vincevano. Ad esempio ricordo quando morì Coppi, e io ero suo massaggiatore fin dai tempi della Clorodont, mi chiamarono da Parigi quasi il giorno successivo i dirigenti di Anquetil chiedendomi di non prendere impegni perché avrei dovuto seguire il campione francese. E così avvenne. Con me Jacques vinse al Tour e anche il record dell’ora.”

E a proposito della morte di Coppi, che ha visto di recente rispuntare una strana ipotesi che vorrebbe il campione italiano avvelenato, Tarcisio ha le idee chiare: “Fausto prima di partire per l’Africa era agitato, non solo perché da quando aveva conosciuto la Dama Bianca non era più spensierato come prima e aveva un po’ perso la testa, ma anche perché lui la malaria l’aveva già contratta, in forma lieve, poco tempo prima. Io non ho dubbi, morì di malaria. La moglie di Geminiani, che contrasse anch’egli il morbo in Alto Volta, dalla Francia, chiamò l’ospedale di Tortona spiegando come stessero curando suo marito con delle pastiglie. Qui non le diedero retta, cercarono di curarlo con le punture e lui morì.”

 

Articolo già pubblicato sul sito “Muvi – Museo Virtuale della memoria collettiva di una regione”.